Sabato, 06 Dicembre 2014 01:00

Arrivano i nostri!

Articolo tratto da Survival

In varie parti del mondo, lo “Sviluppo” sta privando i popoli indigeni delle loro terre, dell'autosufficienza e della dignità, lasciandoli senza niente.

Scritto da Oren Ginzburg e narrato in italiano da Elio, con illustrazioni brillanti e umorismo tagliente questo breve filmato ci racconta la storia dei popoli indigeni distrutti nel nome dello “sviluppo”.

Sta accadendo ancora oggi, in India, in Etiopia, in Canada e in altre parti del mondo, con conseguenze devastanti..

Il governo etiope, principale beneficiario degli aiuti americani e britannici nonché partner "prioritario" della Cooperazione italiana, sta reinsediando con la forza 200.000 indigeni fino ad oggi autosufficienti, tra cui i Mursi, i Kwegu e i Bodi, lasciandoli a migliaia senza terra, senza bestiame né mezzi di sostentamento. Impossibilitati a continuare a mantenersi da soli, dicono di non poter far altro che “aspettare di morire”. Secondo il Primo Ministro, questo progetto, in un paese famoso per le sue carestie, servirà a dare alle tribù “una vita moderna”.

I presunti destinatari di questo “sviluppo” subiscono arresti, pestaggi e stupri. I loro granai vengono distrutti nel tentativo di costringerli a rinunciare alle loro terre e ai loro stili di vita. Il risultato sarà un’autentica catastrofe umanitaria.

Felici e prosperi

I popoli indigeni che vivono nelle loro terre sono generalmente prosperi. Studi recenti dimostrano che i miliardari più ricchi del mondo non sono più felici della media dei pastori masai. Tuttavia, molti governi, che spesso ambiscono alle loro terre, considerano gli autosufficienti stili di vita dei popoli tribali arretrati e imbarazzanti. Gli indigeni vengono costretti ad adeguarsi alla nozione altrui di progresso, trasformandosi in agricoltori stanziali e piegandosi alle logiche dell’economia di mercato.

I Dongria Kondh dell’India coltivano oltre cento prodotti diversi e raccolgono quasi duecento tipi differenti di alimenti selvatici, che garantiscono loro un’alimentazione ricca per tutto l’anno, anche durante i periodi di siccità. Sino ad oggi hanno respinto ogni tentativo di assimilazione nella società dominante.

"È assurdo che questi stranieri vengano qui a insegnarci lo sviluppo. Si può parlare di sviluppo quando distruggi l’ambiente che ti dà cibo, acqua e dignità? Devi pagare per lavarti, per mangiare e persino per bere acqua. Nella nostra terra, noi non dobbiamo comprare l’acqua come fate voi, e possiamo mangiare qualunque cosa, gratuitamente." – Lodu Sikaka, Dongria Kondh

Costretti a cambiare

Alcune tribù, come i Penan del Borneo malese, sono confinate in insediamenti alieni e obbligate a praticare l’agricoltura “moderna” pur avendo una conoscenza enciclopedica della biodiversità delle loro foreste e dei loro ambienti, che le sostengono da generazioni. Sono sfrattate per far spazio a dighe gigantesche con la scusa e nella convinzione che il passaggio da un’economia di caccia e raccolta a una basata sull’agricoltura significhi “progresso”.

I Penan protestano contro la distruzione della foresta e dei loro stili di vita, Sarawak.

"Gli stranieri che vengono qui sostengono sempre di portare il progresso. Ma tutto ciò che portano sono solo vane promesse. Stiamo lottando per la nostra terra. È l’unica cosa di cui abbiamo realmente bisogno." – Arau, Penan, Sarawak

Conseguenze devastanti

I Guarani del Brasile sono costretti a vivere sul ciglio delle strada. Derubati delle loro terre, centinaia di Guarani si sono tolti la vita. Il più piccolo aveva solo nove anni.

I popoli tribali costretti ad abbandonare le loro pratiche tradizionali di coltivazione, caccia e raccolta, perdono anche la loro autosufficienza e finiscono in balìa di un’economia di mercato che non comprendono e che spesso finisce per sfruttarli.

Come nel filmato “Arrivano i nostri!”, le tribù che hanno subito questo “sviluppo” passano dall’essere comunità floride e indipendenti, padrone delle loro terre, al vivere ai margini della società. Vittime di continue pressioni e di un processo di sradicamento dei loro stili di vita, spesso le società tribali implodono tra altissimi tassi di tossicodipendenza, suicidio e malattie croniche.

"Mi chiedo che razza di progresso sia quello che fa vivere le persone meno di prima. Prendiamo l’HIV/AIDS, i nostri bambini non vogliono andare a scuola perché là li picchiano, le donne si prostituiscono. Gli uomini non possono cacciare. Alcuni litigano perchè si annoiano e si ubriacano. Iniziano a togliersi la vita…. Non si era mai visto niente di simile prima. È questo lo “sviluppo”?" – Roy Sesana, Boscimane Gana, Botswana

Terra e libertà di scelta

Non è che gli indigeni non vogliano cambiare: come tutti i popoli del pianeta, sono in continua evoluzione e mutamento. Ma anziché subirlo per mano di estranei, devono poter scegliere e controllare la direzione di questo cambiamento. Il fattore più importante per il benessere dei popoli tribali è il rispetto dei loro diritti territoriali. Garantirgli sicurezza nella loro terra, significa metterli nella condizione migliore per decidere liberamente dei loro stili di vita e del tipo di “sviluppo” che desiderano.

"Non è che gli Yanomami rifiutino il progresso o che non vogliano le cose che hanno i Bianchi. Vogliamo solo avere la possibilità di scegliere, senza essere costretti a cambiare a tutti i costi, volenti o nolenti."
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Mercoledì, 26 Febbraio 2014 22:16

Mohammed Ali

"Ad alcuni non piaccio perché sono un uomo nero che si batte per la sua gente".

50 anni fa, il 25 febbraio 1964, Cassius Clay conquistava per la prima volta la corona mondiale dei pesi massimi battendo a Miami il campione in carica Sonny Liston. Il giorno dopo si convertiva all'Islam assumendo il nome di Muhammad Alì.

Il titolo gli fu revocato nel 1967, quando venne radiato dall'albo pugilistico e arrestato per essersi rifiutato di andare a svolgere il servizio militare in Vietnam.

"Non sono andato in Vietnam perché credo che ognuno abbia il diritto di vivere tranquillo nella propria casa. Non vedo perché uno solo dei neri americani che sono privi della loro terra avrebbe dovuto andare a combattere contro chi stava tentando di difendere la propria terra".

Muhammad Alì fu riammesso nel pugilato solo nel 1970, e quattro anni più tardi riconquistò il titolo mondiale battendo George Foreman.

(Articolo tratto da Rai Scuola)

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Lunedì, 17 Febbraio 2014 22:23

Chi ben comincia...

Sperando di cominciare bene e di non stufarci presto.

Per inaugurare questo nuovo spazio web, aggiungo il link a un progetto a me molto caro: Genitori Adottivi del Congo.

À bientôt!

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Giornata Mondiale delle Migrazioni 2014 - Il Messaggio del Papa


Cari fratelli e sorelle!
 
Le nostre società stanno sperimentando, come mai è avvenuto prima nella storia, processi di mutua interdipendenza e interazione a livello globale che, se comprendono anche elementi problematici o negativi, hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della famiglia umana, non solo negli aspetti economici, ma anche in quelli politici e culturali. Ogni persona, del resto, appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli. Da questa constatazione nasce il tema che ho scelto per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno: “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”.
Tra i risultati dei mutamenti moderni, il crescente fenomeno della mobilità umana emerge come un "segno dei tempi"; così l’ha definito il Papa Benedetto XVI (cfr Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006 spesso carenze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano.

(Messaggio di Papa Francesco I per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).

Per saperne di più, clicca qui.

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 Elevarsi alle ennesime potenze

(A. Bergonzoni)